Dalla fine degli anni ’50 il ruolo della donna nella società è molto cambiato e l’età della prima gravidanza si è di molto procrastinata. Tuttavia la fertilità della donna comincia a ridursi dopo i 30 anni per la drastica riduzione di ovociti. L’età maschile rappresenta invece un punto di controversia tra gli studiosi, poiché nell’uomo si ha la produzione di spermatozoi fino a tarda età, mentre le alterazioni ormonali, che pure si verificano, non sembrano influenti.
La storia ricorda però padri attempati come Picasso, Charlie Chaplin, Anthony Quinn, Mike Bongiorno e Marlon Brando. Non c’è accordo neppure sui parametri seminali, alcuni sottolineano diminuzione della motilità, altri addirittura sostengono un aumento degli spermatozoi. (Bianca Kuhnert and Eberhard Niesschlag: Human Reproduction Update, Vol.10, No.4, pp.327-339, 2004).
Giunge comunque in aiuto il lavoro statistico comparso su Fertility and Sterilility nel Maggio 2006, nel quale, tra l’altro, sono stati analizzati i dati provenienti dal Registro Nazionale FIVET Francese (FIVNAT) ed in particolare l’età paterna di 1938 coppie sottoposte a PMA per sola indicazione tubarica, vale a dire casi in cui tutti gli altri fattori di sterilità, compreso appunto quello maschile, erano stati esclusi. Premessa quindi la normalità del liquido seminale, questo studio retrospettivo non solo ha confermato l’influenza negativa dell’età nella donna, ma ha dimostrato anche un netto aumento di fallimento riproduttivo nelle coppie con partner maschile “over 40” rispetto a quelle in cui l’età paterna era inferiore a 30 anni. Tale differenza si è dimostrata maggiormente evidente quando anche l’età femminile superava i 35 anni.
Possiamo quindi desumere che anche l’età dell’uomo potrebbe interferire sulla fertilità di coppia, ma non sono completamente noti i meccanismi che regolano il potere fecondante del maschio, per cui risulta ancora difficile stabilire i criteri entro i quali confinarne la reale fertilità. Con l’aumentare dell’età si sommano nel tempo fattori negativi per la fertilità (alcol, fumo, inquinamento ambientale e alimentare, ecc.) o patologie nocive per la funzionalità gonadica (varicocele, infezioni genitali, diabete, ipertensione e obesità).
Questi fattori di rischio intaccano le parti più sensibili degli spermatozoi, vale a dire il DNA e i Mitocondri. Tale aspetto è stato oggetto di un recente studio pubblicato nel 2010 su Human Reproduction dal quale si rileva un incremento di aborti precoci all’aumentare dell’età maschile, esito di un elevato tasso di frammentazione del DNA spermatico.
(Gideon A. Sartorius and Eberhard Niesschlag: Human Reproduction Update, Vol.16, No.1, pp.65-79, 2010).
È quindi chiaro come un semplice spermiogramma non è più sufficiente per valutare l’effetto negativo dell’età del maschio sulla capacità fecondante della coppia (ageing riproduttivo maschile). Oggi per gli uomini over 40 che si accingono a cercare un figlio è fondamentale approfondire in centri di andrologia specializzati il quadro seminale con la valutazione dell’anima dello spermatozo, vale a dire la frammentazione del DNA,e soprattutto della sua respirazione mitocondriale associata ad un attento studio morfologico computerizzato del colletto nemaspermico.